“Roberto
Guccione è un pittore semplice, nella sua Arte, ma anche i suoi paesaggi
rappresentano il suo stato d’animo per i diversi suoi colori, per le sue
espressioni ed impressioni artistiche, infatti lo dimostrano i suoi bellissimi
colpi di luce di colore…..E’ di rilievo successo il fatto che l’artista non ha
frequentato scuole d’Arte, ma oggi come oggi comincia già ad essere
riconosciuto in varie collettive sia in Italia che all’estero, ed anche
personali, ottenendo e avendo maggior successo da una vera propria critica più
qualificata, avendo avuto anche riconoscimenti, sia a Roma da Alti Funzionari
della Polizia di Stato ed in varie città siciliane, di cui ne è tanto
apprezzato da tutti, compreso me, Ciccio Giombarresi”.
Così scrive nel 2004 il
grande Artista comisano Francesco Giombarresi del M° Cav. Uff. Roberto Guccione,
amico di famiglia e vera fonte di ispirazione per la propria Arte. In vista
della data di inaugurazione della prima
collettiva internazionale d’arte al castello Aragonese di Comiso, 22 settembre,
ore 18:30, si è tenuto, presso lo studio del M° Cav. Uff. Roberto Guccione, organizzatore
della stessa, un incontro con la
co-organizzatrice, la Resp. del Moica sez. Ragusa, Anna Ottaviano, la figlia
del M° Francesco Giombarresi, Rosetta Giombarresi e un collaboratore, il
pittore Mario Vittoria.
Alcune opere pittoriche del M° Cav. Uff. Roberto Guccione |
Un pomeriggio fatto di Arte a 360° per parlare
della collettiva, ma soprattutto il vero input dal quale si sviluppa l’idea di organizzare la prima collettiva
internazionale d’arte al castello Aragonese di Comiso,
raccontare della figura poliedrica ed eccentrica di un’Artista geniale,
Francesco Giombarresi, che lo stesso Pablo Picasso definì “Un pittore grande grande che dipinge piccolo
piccolo…La più microscopica pennellata del secolo..”!
Pittore
contadino che, racconta il Maestro Guccione, “Da giovane ho avuto l’onore di conoscere. Una persona speciale, umile,
amata dal popolo, il mio amico Ciccio. Circa 30 anni fa insieme a lui, che già
era un artista noto, ho fatto la mia prima estemporanea di pittura in un
paesino della provincia di Enna. Oltre che un grande amico per me è stato anche
fonte di ispirazione, perché mi ha saputo trasmettere l’arte dei colori. Lui
prendeva tanti pennelli in mano e dopo pochi minuti venivano fuori dei
capolavori di cui egli stesso si sorprendeva. La sua genialità, tale definita
da personalità di spicco dell’epoca, come Sciascia, e soprattutto da Picasso la
ritrovavamo nei suoi quadri in miniatura. Infatti Picasso dice di lui “Un pittore
grande grande che dipinge piccolo piccolo…La più microscopica pennellata del
secolo..”! In queste pennellate Giombarresi racchiudeva un mondo che vedevamo con
una lente di ingrandimento, e la cosa incredibile è che lui dipingeva utilizzando solo i suoi occhi! Amava la famiglia e con la sua semplicità è
riuscito a conoscere personaggi incredibili e grandiosi. Un artista geniale che
voglio omaggiare per essere riuscito a trasmettermi l’amore per l’arte che per
me rappresenta la vita intera”.
Esposizione delle opere minuscole di Giombarresi, viste con lente di ingrandimento_ foto di Rosetta Giombarresi |
La prima
collettiva internazionale dedicata al grande Giombarresi è frutto di un
minuzioso lavoro svolto dal direttore artistico Guccione insieme alla Responsabile provinciale
del Moica sezione Ragusa, Anna Ottaviano che segna
anche un traguardo importante per il patrimonio storico-artistico del nostro
territorio. “La collaborazione con
l’Associazione Moica – spiega Guccione - è scaturita durante la collettiva
internazionale che si è svolta il 2 giugno a Mezzojuso, quando ho conosciuto la
Responsabile dell’Associazione, Anna Ottaviano, ed è nata anche una forte
amicizia. Le mostre che organizziamo sono volte ad aiutare chi ha più bisogno,
infatti durante questa collettiva, chi ha partecipato all’estemporanea ha
donato le proprie opere al Cro di Aviano e il 2 ottobre ci sarà la cerimonia di
consegna ufficiale”.
Il Castello aragonese di Comiso, location della prima Collettiva internazionale d'Arte dedicata a Francesco Giombarresi |
“La scelta della suggestiva location - sottolinea Anna Ottaviano - insieme a Roberto Guccione, è sbocciata da un’idea comune durante
una visita presso il Castello Aragonese di Comiso. Il Moica, Movimento italiano
casalinghe, fondato dall’attuale Presidente Tina Leonzi, è attivo da oltre 30
anni su tutto il territorio nazionale e svolge un’attività di promozione della
prevenzione sanitaria, valorizzazione del territorio, dell’ambiente, della
cultura e dell’arte, per cui ho accettato volentieri questa collaborazione,
anche perché il nostro territorio ibleo è ricco di arte, storia ed è giusto
omaggiare il M° Francesco Giombarresi”.
“A questa ambiziosa collettiva d’Arte – spiega Roberto Guccione - mi stanno aiutando dei preziosi amici, Mario Vittoria e Pino Noto, due
artisti che amano la loro città e vogliono rendere onore al genio di
Giombarresi”. Infatti Mario Vittoria, presente all’incontro, per rendere tributo al pittore contadino ha realizzato un ritratto molto somigliante di
Giombarresi che sarà esposto durante l’evento al castello Aragonese. “Giombarresi è uno degli artisti mondiali
– racconta Mario Vittoria - che
rappresenta l’Arte pura. Ha inventato una nuova corrente che prima non si era
vista né tra gli espressionisti né fra gli impressionisti. Lui voleva
raccontare il suo mondo dipingendo. Infatti tutte le tele non hanno
nemmeno un centimetro quadrato libero. Ho dedicato un ritratto al Maestro per
un grande senso di ammirazione nei suoi confronti e per cercare di farlo
conoscere anche all’estero”.
Il destino di alcuni geni incompresi nell’epoca stessa in cui vivono, lo
si riscopre facendo luce sulla loro storia e sul loro vissuto. Affascinante la
vita di questo uomo poliedrico che in seconda elementare venne strappato dalla
vita scolastica per andare ad aiutare il padre, proprietario terriero, e che
veniva considerato pazzo dai compagni perché invece voleva andare ad imparare.
Aspettava la domenica quando veniva uccisa la gallina, raccogliendone di nascosto il
sangue per poter dipingere. A quei tempi non doveva di certo esser semplice
essere dei sognatori. Figlia orgogliosa, Rosetta Giombarresi racconta altri
aneddoti particolari che fanno ulteriormente apprezzare e comprendere la
genialità dell’Artista: “ Mio papà era
un’ anima libera e mia mamma lo aiutò a realizzare i suoi sogni occupandosi di
me e dei miei fratelli. Quando mio papà aveva un’ispirazione artistica di
notte, e magari mancava il materiale, spesso, toglieva le lenzuola a noi figli
e le utilizzava per dipingervi. Si era costruito lo studio nel solaio, dove
c’era il suo mondo, un luogo magico, perché era una stanza quasi completamente
buia. C’erano solo delle fessure, ma lui per illuminarla aveva avuto una delle
sue trovate geniali, raccolse centinaia di biglie di vetro che gli permisero di
accumulare luce dalle piccole fessure e rifletterla sulla stanza generando un
effetto luce artificiale che si proiettava verso la parte alta della camera,
mentre al pavimento rimaneva buio. Per questo motivo a terra, nell’oscurità,
disegnava i “mostri”, le figure brutte, evidenziando così la separazione tra il
materiale giù e la spiritualità nella parte alta che, invece, era appunto
illuminata”.
Francesco Giombarresi e la moglie |
Estroso anche nel suo stile di vita e nel modo di vestire Francesco
Giombarresi interpretò una piccola scena per il cinema nel 1995, nel film di
Giuseppe Tornatore, “L’uomo delle stelle”.
“Un episodio –
ricorda Rosetta Giombarresi - molto
simpatico da citare perché venne contattato direttamente da Tornatore che aveva
sentito parlare di questo personaggio del luogo e volle fargli fare una piccola
scena. Mio padre accettò, ma non sapeva ancora che la sua scena era quello di un
morto all’interno di una bara! Quando scoprì che doveva entrare in una bara e
interpretare un uomo morto, si spaventò e non si fece trovare dal regista. Un
giorno io andai a trovare i miei genitori e trovai a casa il regista Tornatore
e l’attore Sergio Castellitto che cercavano mio padre. Non sapevano che invece
si era rifugiato in campagna. Quando la troupe del film andò via, pregai mia
madre di dirmi dove fosse finito mio padre, e mi disse che si era rifugiato in
campagna perché non voleva assolutamente interpretare un morto! Amava troppo la
vita, ma in ogni caso io riuscì a convincerlo e fece la sua parte! La cosa più
curiosa è che a distanza di 20 anni dal film mio padre, che era malato, morì e
nella bara sembrava proprio uguale alla scena del film; durante la notte, dopo
che noi familiari avevamo pianto di dolore, l’anima di papà ci fece ridere di
nuovo perché improvvisamente entrò nella stanza una mosca identica a quella del
film, come se lui volesse regalarci un ultimo sorriso”.
Interno del castello, dove si svolgerà la collettiva d'Arte |
Dal 22 settembre al 30 settembre la
prima collettiva internazionale d’Arte farà da vetrina a tanti artisti
provenienti da tutto il mondo e nello stesso tempo si omaggerà una figura
artistica di notevole spessore che ha dato tanto alla gente, spesso regalando
le sue opere solo per essere da loro ricordato, Francesco Giombarresi, “l’uomo
delle stelle”, come lo definisce sua figlia Rosetta.
Lara Dimartino
Nessun commento:
Posta un commento